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Recensione critica di Federico Caloi
L’arte è comunicazione, un modo di proporre un linguaggio
intellegibile che deve essere compreso dallo sguardo del fruitore. In questo
senso, la grammatica delle opere della Pogutz, si pone con un codice che
presenta regole chiare, coerenti, prive di grevi complicazioni intellettuali,
eppure improntata verso la profondità dei significati.
Nel suo operare, l’artista vuole proporre un’estetica che
unisca in un solo contesto il significato e il significante. Quello che vediamo
è quello che l’opera rappresenta.
Il risultato formale ingloba il significato semantico e viceversa. Questo
traguardo, così raro nell’arte -poiché oggi, troppo spesso, troviamo o solo il
messaggio o solo la forma - appartiene alle sue opere con la leggerezza e la
profondità che solo una felice alchimia può produrre, figlia di quei connubi a
cui è meglio non chiedere da dove provengano.
Possiamo osservare questo percorso in tutti i lavori di quest’artista,
quale che sia il materiale che ci sta proponendo. Nella serie cosiddetta dei
“Graffi”, per esempio, l’artista usa strumenti antichi o fatti realizzare da
lei, per produrre quel risultato per il quale il substrato multiforme di
colori, che viene ricoperto da un monocromo di cere colorate, viene poi
graffiato; da qui, peraltro, il titolo della collezione. In questo caso, la
Pogutz non dipinge, ma “scopre” il colore che c’è sotto. E’ qui che avviene
l’unione tra l’opera d’arte e il suo messaggio. Mentre assistiamo ad un effetto
visivo affascinate, prodotto dal colore d’insieme delle tele e da colori
accesi, a volte quasi fluo, che
sottendono l’opera, proprio in quel mentre, percepiamo che le opere di Elena
Pogutz, sono la rappresentazione di qualcosa che non è altro, non è un qualcos’altro,
ma è una cosa sola nella sua rappresentazione. Le opere di quest'artista ci
sussurrano di un sopra e di un sotto, che sono il nostro corpo e la nostra
anima, ci mostrano quello che gli altri vedono di noi e ciò che invece sappiamo
(o crediamo) di essere, ciò che siamo adesso e ciò che siamo stati. Elena Pogutz
stessa, nell’invenzione della sua pittura, riferisce di voler alludere a memorie
nascoste e mai cancellate, che emergono proprio attraverso quei graffi che
disvelano i colori sottostanti.
Il risultato finale dell’arte della Pogutz, nella propria
sostanza, è un estetica formale che avvince subito, per la sua capacità
creativa, frutto di una attenta ricerca dei materiali e delle armonie, che
ammanta le sue opere di una fascinazione eterea, soffusa, perchè trascende la
materia attraverso lo spirito.
Federico Caloi
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